Protesi del seno cancerogene, lanciato l’allerta dalle autorità

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PROTESIEsplode in Francia il caso sulla pericolosità di una forma di cancro legato agli impianti di protesi mammarie, e anche nel nostro Paese le autorità sanitarie lanciano un avviso pubblico sulla necessità di migliorare la diagnosi ed intervenire tempestivamente in caso di sospetto.
E’ dei primi giorni di marzo, infatti, l’annuncio del francese Institut national du cancer (Inca) sulla scoperta di una nuova malattia chiamata “linfoma anaplastico a grandi cellule” (ALCL). Ben 173 persone sono state diagnosticate in tutto il mondo (18 casi in Francia) e tutte avevano protesi mammarie. La causa risiede in un processo infiammatorio che impiegherebbe anni per svilupparsi in cancro, lasciando buoni margini di speranza nello screening preventivo.

GIA’ 173 CASI NEL MONDO

Secondo i dati forniti dal SEER (Surveillance Epidemiology and End Results) e dal National Cancer Institute si stima una incidenza di 1/500.000 casi ogni anno negli USA. Nel 2011 la Food and Drug Administration (FDA) ha rilevato un numero anomalo di casi di ALCL in pazienti portatrici di protesi mammarie per fini ricostruttivi o estetici, anomalia derivata dal fatto che l’ALCL, benché possa svilupparsi in qualsiasi parte del corpo, non è una neoplasia tipica della mammella. La questione sta cominciando a preoccupare, dunque, l’altra sponda dell’Atlantico, dove le protesi mammarie sono più comuni. In Francia dei 18 casi individuati, 14 coinvolgerebbero “direttamente” il produttore americano Allergan. 400.000 francesi attualmente portano protesi mammarie, 83% per ragioni estetiche e il 17% per la chirurgia ricostruttiva, soprattutto a seguito di una mastectomia. In Italia manca una stima ufficiale sul numero complessivo di donne che hanno affrontato mastoplastica additiva: l’ultimo dato è del 1 febbraio 2012, in pieno scandalo PIP di cui riferiamo più avanti: nel decennio 2001/2010 circa 150mila donne hanno effettuato l’impianto di protesi mammaria.

LA RACCOMANDAZIONE: MONITORARE COSTANTEMENTE IL SENO

Riguardo alle donne che hanno gli impianti, gli esperti affermano che “è importante che essi siano regolarmente monitorati, anche in assenza di sintomi specifici, in particolare per garantire che l’impianto non si degradi,” si sostiene dall’ Istituto Nazionale Tumori. Nella circolare del Ministero della Salute italiano del 10 marzo scorso, più specificatamente, “si chiede che tutte le pazienti portatrici di protesi mammarie ed affetti da un sieroma periprotesico tardivo “freddo” (comparso a distanza di almeno 6 mesi dall’intervento, non su base traumatica o infettiva), specie se persistente e recidivante, debbano essere sottoposti ad un agoaspirato sotto controllo ecografico di almeno 20 cc di siero e questo inviato all’esame citologico. Il campione, centrifugato e strisciato sul vetrino, dovrà essere sottoposto a colorazione Giemsa e Papanicolaou (Pap-test n.d.r.) e in caso di positività certa o dubbia per anomalie cellulari i pazienti dovranno essere inviati ad un centro specializzato di emopatologia per la conferma citologica di ALCL”. La questione del divieto formale di protesi mammarie è sul tavolo delle autorità francesi ed a occuparsene è l’Agence nationale de sécurité du médicament. In Italia, al momento, ci si è limitati alla circolare del 10 marzo.

Sulla questione interviene il presidente dell’Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica (Aicpe), Mario Pelle Ceravolo segnalando che il linfoma a grandi cellule è stato al centro di una tavola rotonda che si è svolta nelle scorse settimane al Ministero della Salute a Roma, a cui hanno preso parte il direttore generale del servizio dispositivi medici, Marcella Marletta, e le principali società scientifiche del campo, tra cui Aicpe, Sicpre e Sis, e la collaborazione di altri esperti come Fabio Santanelli direttore della scuola di specializzazione in Chirugia Plastica presso l’Università La Sapienza di Roma. Il problema è stato affrontato in ambito multidisciplinare e il Ministero della Salute ha concluso che«le protesi mammarie continuano a esser considerate sicure e sotto questo aspetto non si ravvisano rischi per la salute». «L’obiettivo delle autorità italiane è informare le pazienti sul fenomeno e tranquillizzarle, prevenendo paure ingiustificate che potrebbero nascere in seguito a notizie allarmistiche che dovessero essere diffuse in futuro – afferma Pelle Ceravolo -. Il Ministero raccomanda il monitoraggio della situazione. Sono sempre consigliati controlli periodici e un’attenzione a eventuali alterazioni, soprattutto gonfiore. Tutte le donne portatrici di protesi mammarie dovrebbero essere controllate una volta all’anno dal chirurgo che le ha operate per verificare lo stato delle protesi. Bisogna anche prestare attenzione a fenomeni di importante cambiamento di forma e in special modo di gonfiore di una o ambedue le mammelle, anche se sopraggiunto a distanza di tempo dall’intervento stesso. In questo caso bisogna sottoporsi ai dovuti controlli per accertare la natura del problema».

NEL 2012 ESPLOSE IL CASO DEEL PIP

Nel 2011/12 esplose nel mondo il caso della protesi mammaria cosiddetta PIP, dal nome della casa produttrice francese Poly Implant Prothèse. Attorno a queste protesi si erano sollevati inizialmente timori su possibili rischi di una elevata cancerogenicità, dubbi fugati dal Consiglio Superiore di Sanità, che però nel parere espresso il 22 dicembre 2011 ha comunque riscontrato una maggiore probabilità di rottura e di reazioni infiammatorie dovute alla fuoriuscita del gel PIP, che ha un potere irritante non riscontrato nel gel di silicone delle altre protesi. Al 22 febbraio 2013 risultavano effettuati 3911 impianti di protesi mammarie P.I.P. (fonte Ministero della Salute), di cui 3135 effettuati da strutture di ricovero e cura e 776 da strutture ambulatoriali (di cui 764 in ambulatori privati autorizzati non accreditati). In un’audizione parlamentare del 1 febbraio 2012 l’allora ministro Renato Balduzzi specificò che erano 4.525 le protesi mammarie Pip impiantate in Italia tra il 2001 e il 2010. Pari al 3% di tutte le protesi impiantate in quel decennio. Significa che complessivamente fino ad allora erano circa 150mila.

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