Contro le infiammazioni croniche ed i dolori che producono, la dieta mediterranea è la forma più significativa di prevenzione e contrasto.
LOMBALGIA, CEFALEA, DIABETE E DINTORNI

La valenza del regime alimentare nella lotta al dolore è stato uno dei temi del del Congresso Internazionale di Anestesiologia SIMPAR-ISURA, organizzato e presieduto dal Prof. Massimo Allegri, ricercatore presso l’Università di Parma e specialista in anestesia rianimazione e terapia del dolore. Circa 1200 i presenti, tra medici e ricercatori, metà italiani e metà provenienti dall’estero, per confrontarsi sulle nuove scoperte scientifiche e tecnologiche e su tutte le tematiche relative allo studio e alla gestione del dolore cronico. Il problema più ricorrente in fatto di malattie croniche è l’osteoartrosi, e l’ artrosi al ginocchio che coinvolge più di 4 milioni di italiani, e che costa 3,5 miliardi di euro all’anno, tra costi diretti e indiretti. Il 70% dei problemi osteoartrosici è legato alla lombalgia. Poi ci sono la cefalea, che affligge 2 milioni di italiani, e i dolori neuropatici periferici, come il diabete.
Secondo i nutrizionisti, la dieta mediterranea offre un ottimo bilanciamento di proteine, lipidi e carboidrati. Avere un giusto rapporto di questi tre macroelementi tutto il giorno nei due pasti principali e in quelli secondari va ad aggiungere un fattore importante nel combattere l’infiammazione e il dolore stesso. “Questa dieta – spiega la dottoressa Manuela De Gregori, biologa nutrizionista del Policlinico San Matteo di Pavia – può essere utilizzata sia per le terapie cronico oncologiche che per quelle benigne, ma anche per i pazienti che devono sottoporsi ad un intervento chirurgico o per chi ha già subito un intervento. Gli sbagli alimentari dovuti alla mancanza di un’educazione alimentare influiscono tantissimo sulla gestione del dolore stesso“. peraltro QUESTO STUDIO attesta una riduzione della mortalità del 37% collegata al consumo della dieta mediterranea anche nelle patologie cardiache.
COSA AIUTA A SCIOGLIERE IL DOLORE
“La dieta mediterranea – aggiunge il dottor Maurizio Marchesini, anestesista e terapista del dolore presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma – ha le caratteristiche di escludere o di ridurre degli alimenti che hanno caratteristiche pro-infiammatorie. La tendenza attuale per chi non rispetta un piano nutrizionale programmato e attento è quello di incorrere in un accumulo di calorie e grassi. Questi hanno una correlazione con l’infiammazione e con lo sviluppo del dolore. Quindi il dolore nelle ginocchia non è causato solo dal sovrappeso, ma dalla quota di sostanze infiammatorie causata dalla cattiva alimentazione, che danneggia le articolazioni stesse. Lo dimostra il fatto che persone in sovrappeso hanno dolori anche alle piccole articolazioni, come le mani, in cui il peso non ha nessun ruolo”.
Gli specialisti consigliano una dieta più variegata possibile, senza escludere determinati alimenti, ma cercando di abbinarli correttamente agli altri e soprattutto di cucinarli in modo corretto. “Sicuramente – chiosa la Dr.ssa De Gregorio – una dieta ricca di frutta e di verdura è una dieta antinfiammatoria, ma questo non significa che bisogna escludere carne e pesce. Serve scegliere ponderatamente tutti gli alimenti presenti in natura. Una cosa fondamentale è bilanciarli ogni giorno con tutto quello che viene acquisito dal paziente. Non è solo una questione di quantità, ma anche di qualità”.
COSA E’ MEGLIO EVITARE
Non avere la giusta attenzione a tavola può causare un peggioramento di una condizione geneticamente predeterminata di dolore cronico o peggiorare quelli che possono essere degli insulti esterni come un intervento chirurgico, una patologia neoplastica e/o benigna. In questo modo non si può avere una risposta naturale di autoconservazione come l’evoluzione vuole, ma si avvia una deriva verso una cronicizzazione di questi stati. “Oltre al dolore di cui parliamo in questa sede, e quindi le patologie infiammatorie croniche, non solo osteoarticolari ma anche intestinali e ulcerose, ci sono tante altre patologie che sono più note – precisa il Dr Maurizio Marchesini – Parliamo di problemi cardiologici, sviluppo del diabete, problemi metabolici e respiratori. Si sa che una persona che ha subito un infarto deve essere attento alla dieta, ma non si sa che la stessa attenzione è necessaria in uno stato di dolore”.
Sconsigliati alimenti pro-infiammatori quali quelli con le farine raffinate, meglio quelle integrali. Evitare le carni conservate, come salumi e insaccati, soprattutto quelli di derivazione suina. E’ bene ponderare anche l’utilizzo dello zucchero raffinato e quello del sale (QUESTA RICERCA che ridurre il sale nella dieta migliora emicrania e cefalea). Meglio sostituire questi aromatizzanti a delle spezie che hanno anche proprietà antinfiammatorie. Esiste un legame anche tra alimentazione e malattie psicologiche: bisogna quindi stare attenti a ciò che si mangia anche in caso di malattie neurodegenerative. “La componente di patologia del sistema nervoso – spiega il Dr Maurizio Marchesini – possono essere influenzate dal trattamento alimentare. Basti pensare che un paziente che ha un dolore è anche un paziente che è depresso. Anche in questo caso ridurre la quota di introito calorico, quella di zuccheri e di acidi grassi aiuta a limitare qualche degenerazione dell’età, sia in senso fisico che per lo sviluppo di malattie neuro-generative”.
GLI INTEGRATORI CHE POSSONO AIUTARE
In merito alle singole sostanze, uno studio dimostra come l’assunzione di un derivato della curcuma da parte di un paziente con osteoartrosi dia un risultato riconducibile all’assunzione di paracetamolo. Ne esiste uno anche sugli acidi grassi Omega3, con risultati analoghi. Risultati positivi anche per il ginger, zenzero, frutta e verdure. “Attenzione – allertano gli specialisti – però a non cadere nella medicina non convenzionale, nell’esoterismo, nella naturopatia a tutti i costi. La terapia medica non va sostituita con l’integrazione di un alimento. Questo può provocare un miglioramento, più energie, meno insonnia, più benessere, ma non deve essere assolutamente l’unica via per risolvere il problema. Il fai da te in alcune patologie può fare più danno che altro“.
La curcuma in vendita sul mercato deve essere di elevata qualità per la biodisponibilità e per la qualità delle coltivazioni. Online è disponibile sia in polvere che sotto forma di capsule, meglio ancora se addizionata allo zenzero, alla vitamina D3 e all’estratto di pomodoro (licopene). L’omega 3 estratto dall’olio di pesce è in vendita in capsule da 1000mg o in capsule da 2000mg, anche addizionate di olio di krill. E’ importante anche scegliere lo zenzero (o ginger) di qualità, preferibilmente italiano e biologico come per esempio questo prodotto da 800 mg oppure da 1000 mg.