Le donne con contratto di lavoro precario sono tra più ansiose, depresse e stressate rispetto a quelle stabilizzate. Lo documenta uno studio realizzato dal Dipartimento di Statistica, Informatica, Applicazioni – DISIA “G. Parenti “, dell’Università di Firenze, presentato all’Associazione europea per gli studi sulla popolazione e pubblicato poi sulla rivista Social Science & Medicine.
Nello specifico lo studio rileva come le donne con lavoro precario abbiamo maggiori probabilità, ovvero più di quattro volte superiori, di ammalarsi ed assoggettarsi a malattie legate all’ansia, depressioni ed attacchi di panico.
ESPLOSIONE DEL LAVORO PRECARIO E CONDIZIONE DELLA DONNA
Le forme di lavoro precario sono notevolmente aumentate in tutta Europa negli ultimi decenni. Questi cambiamenti sono spesso visti in termini di benefici per i lavoratori, quando si consente il controllo del tempo di lavoro, quando precede un’occupazione stabile e si combina positivamente il lavoro con la vita familiare, in particolare per le donne. Questa visione è contrastata da altri studiosi, i quali sostengono che l’occupazione flessibile potrebbe avere conseguenze negative sia per le prospettive professionali che per la vita privata, in quanto spesso si associano ad una maggiore insicurezza e a condizioni di lavoro meno pagate. È stato suggerito che gli impieghi temporanei possono danneggiare la salute, sotto qualsiasi profilo: disagio psicologico, depressione, salute fisica, la morbilità, le malattie croniche, stato di salute generale.
Questo lavoro contribuisce al tema di conseguenze sociali di occupazione precaria indagando il rapporto tra contratti a tempo determinato e salute percepita, tentando di dare una risposta al seguente quesito: i lavoratori a tempo determinato sono più esposti ad uno stato di salute precario rispetto a quelli impiegati a posto fisso? “I nostri risultati – spiegano Silvana Salvini ed Elena Pirani, le due studiose responsabili della ricerca – mostrano che le condizioni contrattuali precarie hanno un’influenza negativa sulla salute, una verifica fatta controllando lo stato di salute precedente ed i fattori di endogeneità. Inoltre, troviamo che l’impatto negativo della precarietà stia danneggiando in particolare le donne riguardo alla loro sensazione di salute percepita”.
I ricercatori, hanno monitorato circa 625 soggetti, di cui 278 uomini e 347 donne, di età compresa tra i 16 e i 64 anni, impegnati nel mondo del lavoro con vari contratti, sia a tempo determinato che occasionali.
ECCO LE CONCLUSIONI DELLO STUDIO
“I nostri risultati mostrano che le condizioni contrattuali precarie hanno un’influenza negativa sulla salute di 4,4 volte superiori. Abbiamo trovato anche che in situazioni in cui un contratto di lavoro permanente sia seguito da uno temporaneo, il rischio di un livello di salute meno buona aumenta drammaticamente rispetto alle persone con una storia di contratti a tempo indeterminato; avere contratti temporanei per due anni consecutivi corrisponde ad un rischio 3 volte superiore. Al fine di verificare l’esistenza di effetti differenziali per sottogruppi di popolazione, sono stati stimati i modelli causali con interazione tra il tipo di contratto e, in subordine, di genere, di età, di livello di istruzione e di area di residenza. In questa analisi si è dimostrata l’interazione solo di genere ovvero che la precarietà ha un impatto più dannoso per le donne rispetto agli uomini. Nel complesso, abbiamo dimostrato che l’associazione negativa tra lavoro precario e salute non è semplicemente dovuta ad un effetto di selezione, ma si traduce in un effetto causale dal primo alla seconda, e questo effetto è particolarmente dannoso per le donne. La drammatica espansione del lavoro a tempo determinato degli ultimi anni, dovrebbe pertanto far crescere le preoccupazioni per lo stato di salute e di benessere generale dei lavoratori”.