Meno infortuni sul lavoro ma non dipenderebbe dalla riduzione dei posti occupati. E’ quanto sostiene l’Anmil (Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro) sulla base di dati Inail. Dal primo gennaio al 31 ottobre sul lavoro si sono «verificati ben 549.000 infortuni con un calo solo di 27.000 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente». Gli infortuni sono diminuiti molto di più per gli uomini (5,6%) che per le donne (2,8%). A livello territoriale il calo è risultato più accentuato nel Nord Est (-5,5%) e Nord Ovest (-4,7%), mentre nel Centro, Sud e Isole i valori sono inferiori alla media nazionale. In dieci mesi i morti sul lavoro «sono stati 833 rispetto agli 893 casi del 2013» e solo «il 2,5% del calo infortunistico è imputabile alla crisi economica e alla riduzione del monte ore lavorate».
“Eppure la crisi economica avrebbe dovuto migliorare l’andamento infortunistico – commenta Franco Bettoni, presidente dell’Anmil – visto che si è ridotto in misura significativa il monte ore lavorate e di conseguenza l’esposizione al rischio di infortunio”. I settori che hanno patito di più la crisi sono quelli in cui gli infortuni sono diminuiti di più: le Costruzioni (-19%), i Trasporti (-8,0%), la Metallurgia (-7,3%), la Metalmeccanica (-9,9%) e l’Industria manifatturiera in genere (-7,7). E sebbene si tratti di dati non consolidati nei primi dieci mesi del 2014 i morti sul lavoro sono stati 833 rispetto agli 893 casi del 2013 (consolidati). Va segnalato che il calo dei decessi risulta più accentuato tra gli infortuni “in itinere” (-12,4%) rispetto a quelli “in occasione di lavoro” (-4,7%) e il calo ha interessato in misura molto maggiore la componente femminile (-16,7%) rispetto a quella maschile (-5,7%).
IL CONFRONTO CON IL RESTO DELL’EUROPA
L’Inail nel suo ultimo rapporto evidenzia che riguardo all’incidenza infortunistica il nostro Paese occupa posizioni migliori rispetto ad altre nazioni dalla produttività simile. “Gli ultimi dati diffusi da Eurostat (anno 2010) relativi ai tassi standardizzati di incidenza infortunistica, mostrano per l’Italia un valore pari a 2.200 infortuni per 100.000 occupati (2.362 nel 2008 e 2.330 nel 2009), al di sotto di quello rilevato per Spagna (3.541) e Germania (2.213). Il calo più significativo si è osservato per i casi mortali, dove l’indice è passato (dal 2008 al 2010) da 2,4 a 1,6 decessi per 100.000 occupati (al di sotto di quello, seppur stimato, dell’Ue-27 pari a 1,9), segnando una riduzione del 35% rispetto al 2008 e del 69% rispetto al 1998 (quando era pari a 5). L’incidenza infortunistica delle donne lavoratrici è decisamente inferiore a quella maschile in quasi tutti i Paesi europei con la sola eccezione del Portogallo dove, a meno di anomalie presenti nei sistemi di rilevazione di Eurostat, il tasso femminile è circa il doppio di quello degli uomini (addirittura 7.168 infortuni per 100.000 occupati contro una media di 961 per l’Ue-27 e 1.137 per l’Ue-15). L’Italia presenta un valore pari a 1.375 per le donne, circa la metà di quello degli uomini (2.629). I tassi degli infortuni mortali per genere sono disponibili attualmente solo per pochi Paesi. Tuttavia, quelli relativi alla componente femminile sono sensibilmente inferiori a corrispondenti valori degli uomini, a dimostrazione del fatto che le donne sono comunque occupate in lavorazioni meno rischiose. Il valore per il nostro Paese si attesta a 0,3 infortuni per 100.000 occupati (contro 2,3 per i maschi) in linea con quello medio europeo”.
«Ora – conclude Bettoni – occorre che il Governo si impegni nelle politiche della sicurezza sul lavoro, della prevenzione e della tutela per infortunati e superstiti delle vittime, potenziando e non semplificando le attività ispettive e di vigilanza mentre continua ad essere ancora incompleta l’attuazione del Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro del quale più di venti provvedimenti attuativi attendono una firma. Allo stesso tempo chiediamo fortemente che venga rimessa mano completamente e in modo organico alla normativa sull’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro assolutamente inadeguata. All’indomani dell’approvazione del Jobs Act vi è dunque l’auspicio che le deleghe per la semplificazione e la razionalizzazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro possano essere l’occasione per aggiornare il quadro ormai anacronistico in tema di assicurazione per malattie professionali e infortuni nonchè per completare l’attuazione del Testo Unico del 2008».