Ebola, l’origine è nei pipistrelli

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EBOLANella caccia alle origini del virus Ebola ed al suo modo di trasmettersi, i ricercatori hanno scoperto che il paziente Zero è stato un bambino di due anni e che responsabile della trasmissione sarebbe stato un pipistrello con il quale i bambini di quella comunità, nel cuore della Guinea, erano soliti giocare.

LA SPEDIZIONE DEL ROBERT KOCH INSTITUTE DI BERLINO

I ricercatori ritengono che i pipistrelli siano la fonte del virus all’origine dell’epidemia di Ebola in corso in Africa occidentale, ma un nuovo studio punta a una specie diversa rispetto ai pipistrelli della frutta implicati in epidemie precedenti. L’ipotesi originaria era che il virus Ebola si trasmettesse da pipistrelli della frutta attraverso il consumo della loro carne. Essendo stato però il primo caso dell’epidemia un bambino di 2 anni, è evidente che l’origine non può essere stata di natura alimentare. Gli studiosi, infatti, hanno pensato che se l’infezione fosse stata di origine alimentare, infatti, i primi ad essere colpiti sarebbero stati gli adulti. Così hanno cercato un’altra fonte.
Per questo motivo Fabian Leendertz, capo del gruppo “Epidemiologia dei microrganismi altamente patogeni” presso il Robert Koch Institute, Berlino, ha messo insieme una grande squadra interdisciplinare internazionale composta da virologi, veterinari, ecologisti, epidemiologi e un antropologo derivanti da varie istituzioni; il Robert Koch-Institut (Berlino, Germania), il Max-Planck-Institute for Evolutionary Anthropology (Leipzig, in Germania), la Fondazione Scimpanzé Selvaggio (Guinea), l’Università Phillips di Marburg, in Germania, l’Istituto di Medicina Tropicale e Salute Internazionale Charité (Berlino) e l’Università McGill (Montreal, Canada)L’esito del lavoro è stato pubblicato il 30 dicembre su EMBO Molecular Medicine.

LA RICERCA SUL CAMPO

Il gruppo di lavoro nel mese di aprile 2014 ha raggiunto il villaggio di Meliandou, Guinea, dove viveva il bambino malato numero Zero. Durante le ultime epidemie di Ebola, in particolare in Africa centrale, il virus ha causato imponenti morti di fauna selvatica, in particolare nelle grandi scimmie e nei duikers (piccole antilopi), dove è stata segnalata fino al 90% della diminuzione della popolazione e questo a volte ha portato i cacciatori a contrarre il virus gestendo e consumando carcasse presenti nella foresta. Il team di monitoraggio non ha incontrato alcun carcasse animali selvatici nel loro indagini, né documenti su un recente calo della densità della fauna selvatica nella regione. Questo suggerisce che probabilmente non era una “epidemia di amplificazione” nella fauna selvatica nella regione.

Mentre la squadra stava monitorando densità della fauna selvatica, è stato annunciato dalle autorità sanitarie locali che il primo caso umano è stato un bambino di due anni, del piccolo borgo di Meliandou. Il team allora si è messo a studiare come il bambino di due anni avrebbe potuto entrare in contatto con il virus. Nel villaggio di Meliandou, le persone, bambini compresi, sono state intervistate circa le loro pratiche di caccia e di contatto con la carne di animali selvatici. Come in molte altre parti dell’Africa, adulti e bambini della regione praticano una caccia ai pipistrelli piuttosto opportunistica. I bambini però tendono a concentrarsi sui piccoli pipistrelli insettivori, che cacciano sotto i tetti delle case o in altre zone intorno al villaggio. Una volta catturati e uccisi, i pipistrelli sono messi su un bastone e arrostiti sul fuoco.

I ricercatori hanno anche scoperto un grande albero bruciato circa 50 metri dall’alloggio del caso indice, nei pressi di un percorso utilizzato dalle donne per raggiungere il loro posto di lavaggio in un piccolo fiume. I bambini hanno riferito che giocavano regolarmente intorno a questo albero cavo, ma che l’avevano bruciato accidentalmente il 24 marzo, poco prima che il team di ricerca fosse arrivato sul posto. Fortunatamente il team è stato in grado di identificare le specie di pipistrelli che avevano abitato questo albero, individuando il loro DNA in campioni di suolo e di cenere. La specie di pipistrello è stata identificato come Mops condylurus (detto anche pipistrello dalla coda libera dell’Angola), una specie che è stata sospettata come possibile serbatoio nelle prime epidemie di Ebola in Africa centrale e che si è poi dimostrato di sopravvivere alle infezioni sperimentali, ritrovando anticorpi contro i virus di Ebola negli animali selvaggi. Dal momento che l’albero è stato bruciato, questa specie di pipistrello non è stato più trovato nel Meliandou, ma altri pipistrelli da frutta e insettivori sono stati catturati e successivamente testati per l’infezione da virus Ebola. Nessun virus, però, è stato trovato.

IL SENSO E L’UTILITA’ DELLA SCOPERTA

Il lavoro presentato da Leendertz e colleghi probabilmente offre la migliore visione sulle origini dell’epidemia attuale, ma sono necessari ulteriori urgenti approfonditi studi ecologici e sperimentali per comprendere il ruolo di queste e altre specie nella trasmissione e nella circolazione del virus Ebola in natura, per consentire di prevenire future epidemie. Iniziative di educazione sanitaria dovrebbero informare il pubblico circa i potenziali rischi di malattia derivanti da pipistrelli, raccomandare al minimo il contatto con i pipistrelli, e dare consigli contro il consumo di pipistrelli. I programmi educativi dovrebbero ulteriormente insegnare i ruoli cruciali che i pipistrelli svolgono nell’ecosistema, tra cui l’impollinazione, la dispersione dei semi e la riduzione degli insetti. Questi servizi ecosistemici offrono vantaggi inestimabili per le persone direttamente e indirettamente, sostenendo in tal modo i mezzi di sussistenza locali e gli ecosistemi in buona salute.

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