Il testosterone come strumento per curare la sclerosi multipla, la sclerosi a placche, diverse forme di neuropatie e il decadimento cognitivo che caratterizza, per esempio, l’Alzheimer. La conferma delle prospettive terapeutiche arriva dai laboratori di ricerca francesi.
RICOSTRUIRE LA MIELINA

Per proteggersi contro le aggressioni del tempo o della chimica, l’organismo utilizza processi di riparazione naturale. Cosa contribuisce alla rigenerazione spontanea della guaina mielinica che avvolge le fibre nervose? È rispondere a questa domanda che interessa i ricercatori dell’Unité 1195 “Petites Molécules de Neuroprotection, Neurorégénération et Remyélinisation” (dell’istituto francese Inserm Université Paris-Sud). Gli studiosi hanno trovato, nei topi, il ruolo inaspettato e riparatore del testosterone in questo processo. Questo sarebbe un fattore che influenza lo sviluppo di malattie demielinizzanti come la sclerosi multipla o della neuropatia tomaculare, che possono differire in uomini e donne, e di buon auspicio per nuove prospettive terapeutiche.
I risultati delle indagini sono stati pubblicati il 7 dicembre 2016 con il titiolo “Unexpected central role of the androgen receptor in the spontaneous regeneration of myelin” sulla rivista scientifica online PNAS. La guaina mielinica consente una rapida trasmissione delle informazioni tra il cervello o il midollo spinale e il resto del corpo. La mielina può essere bersaglio delle malattie dette demielinizzanti, come la sclerosi multipla, la neuropatia tomaculare o le lesioni che portano alla sua distruzione. Queste patologie agiscono perturbando la trasmissione nervosa e si traducono in una varietà di sintomi tra cui, nelle forme più gravi, alla paralisi. Meccanismi di riparazione vengono quindi messi in atto e conducono alla rigenerazione della mielina e alla regressione dei sintomi. Questo processo rigenerativo è incostante, per motivi in gran parte sconosciuti.
Questi meccanismi sono stati analizzati dal gruppo di ricerca specializzato dell’Inserm francese. Nel loro studio, i ricercatori mettono in evidenza il ruolo vitale e inaspettato di un ormone sessuale maschile (prodotto anche dall’ovaio femminile ma in misura notevolmente più ridotta) ben noto, il testosterone, e del suo recettore, il recettore degli androgeni, nella riparazione spontanea della mielina. “Il testosterone promuove la produzione di mielina da parte delle cellule che sintetizzano il sistema nervoso centrale per riparare la guaina essenziale per la trasmissione degli impulsi nervosi”, riassume Elisabeth Traiffort, direttore di ricerca presso l’Inserm.
RIPARARE I DANNI DEGLI ASTROCITI
In assenza dei testicoli e quindi dell’ormone che producono questi organi, il testosterone, o dell’assenza del recettore degli androgeni, la riparazione spontanea della mielina è interrotta nei topi. Infatti, la maturazione delle cellule specializzate nella sintesi della mielina, gli “oligodendrociti“, è difettosa. I ricercatori hanno inoltre dimostrato che è il controllo di questa maturazione, fornita da altre cellule importanti per la riparazione, gli “astrociti“, ad essere compromesso.
Ma perché il testosterone? Tornando alle origini di questo ormone, si scopre, a sorpresa, che il recettore degli androgeni, che permette l’azione del testosterone, è apparso nel medesimo periodo della mielina, molto tardi nell’evoluzione dei vertebrati gnatostomi, animali vertebrati dalla mascella articolata e con organi olfattori pari come l’uomo. Secondo i ricercatori, questo spiegherebbe il loro forte legame nel processo di mielinizzazione. Un po’ poco come spiegazione chimico-biologica, ma accontentiamoci del legame “storico”. Sarebbe interessante fare uno studio epidemiologico sulle malattie demielinizzanti nei soggetti che fanno uso di testosterone come anabolizzante (QUI IL DETTAGLIO).
“È anche forse uno dei motivi per cui lo sviluppo di malattie demielinizzanti come la sclerosi multipla è spesso diversa tra uomini e donne. I nostri risultati aprono la strada a nuove prospettive terapeutiche e potrebbero anche essere utili per la ricerca sui disturbi psichiatrici o sull’invecchiamento cognitivo come l’Alzheimer “, conclude Elisabeth Traiffort, direttore di ricerca presso l’Inserm.
QUESTO E’ LO STUDIO pubblicato (in lingua inglese) sulla rivista PNAS