L’uso prolungato della marijuana determina modificazioni cerebrali visibili nell’area della dipendenza e manifesta in quei soggetti un quoziente intellettivo inferiore. E’ questo l’esito della ricerca condotta da un gruppo di ricercatori dell’University of California Davis Centre for Neuroscience, Sacramento.
La ricerca è stata realizzata in ragione del fatto che la letteratura esistente sugli effetti a lungo termine della marijuana sul cervello fornisce un quadro incoerente (ad esempio, presenza o assenza di cambiamenti strutturali) a causa delle differenze metodologiche tra gli studi. Si è cercato di superare questi problemi metodologici raccogliendo misure multimodali in un grande gruppo di adulti consumatori cronici di marijuana in una estesa gamma di età, che permette la caratterizzazione dei cambiamenti in tutta la durata della vita senza pregiudizi di sviluppo o di maturazione, limiti mostrati in altri studi. I risultati suggeriscono che l’uso cronico di marijuana è associato a processi neuroadattativi complessi e che età d’inizio e durata di utilizzo hanno effetti unici su questi processi.
COSA CAMBIA NEL CERVELLO FUMANDO LA MARIJA?
Le domande che riguardano gli effetti dell’uso cronico di marijuana sulla struttura del cervello continuano ad aumentare. Ad oggi, tuttavia, i risultati rimangono inconcludenti. In questo studio completo che mira a caratterizzare le alterazioni cerebrali associate con l’uso cronico di marijuana, si è misurato il volume della materia grigia (GM) di 48 consumatori di marijuana e 62 soggetti di controllo non consumatori dello stesso sesso ed età. I risultati hanno mostrato che, rispetto ai soggetti di controllo, i consumatori di marijuana avevano volumi significativamente inferiori delle circonvoluzioni bilaterali orbitofrontali, una rete di connettività superiore nella corteccia orbitofrontale (OFC) e una maggiore connettività strutturale in tratti che innervano l’. L’aumento della connettività funzionale OFC nei consumatori di marijuana è stato associato con l’età di inizio consumo. Questo modello può indicare effetti differenti tra l’uso di marijuana iniziale e cronica che può ricondurre a processi neuroadattativi complessi in risposta al consumo di marijuana.
E’ importante sottolineare che benchè la funzione precisa dell’OFC non sia chiara, è noto che ha a che fare con il modo con cui reagiamo alla paura. Quando l’OFC si lesiona, i pazienti fanno fatica a smettere di avere paura. L’OFC sembra anche avere un ruolo nell’evitare che le emozioni negative ci condizionino e ci distraggano quando dobbiamo fare qualcosa. È come fosse una valvola che ci impedisce di essere soverchiati dalle emozioni negative. In generale, danni all’OFC sono stati correlati anche a comportamenti disinibiti come dipendenza dal gioco d’azzardo, ipersessualità o dipendenza da droghe.
LE CONSIDERAZIONI SULL’USO CRONICO DI MARIJUANA
“Alcuni test cognitivi e tre differenti risonanze magnetiche hanno rilevato nei consumatori cronici di marijuana un quoziente intellettivo inferiore rispetto ai volontari di controllo e un volume ridotto della corteccia orbitofrontale, la parte coinvolta nei meccanismi di dipendenza. Le due rilevazioni, però, non sarebbero collegate” è la conclusione che arriva da Fabio Di Todaro della Fondazione Veronesi. “Oltre al campione di studio piuttosto esiguo, occorre considerare che lo studio non risolve l’enigma di fondo: entrambe le evidenze sono riconducibili al consumo “ricreativo” di cannabis? Difficile dirlo con certezza. C’è da dire, poi, che la parte del cervello risultata coinvolta nella ricerca è la stessa che regola tutti i meccanismi di dipendenza e che nei forti assuntori è risultata più attiva nello sviluppare nuovi processi di connettività. Un passaggio obbligato per far fronte alla riduzione del volume cerebrale?”. Insomma, sono necessari ulteriori studi per determinare il nesso di casualità di questi effetti. Peraltro da un paio d’anni il mercato dei coltivatori ha affinato la produzione proponendo piante geneticamente modificate OGM, potenziate nel contenuto di sostanza attiva e prive della sostanza modulatrice, come spiega bene questo articolo.