Attenzione agli antiacidi usati contro gastrite e reflusso esofageo: la somministrazione prolungata della classe di farmaci denominati inibitori della pompa protonica PPI può essere legata a danni renali. Si tratta della malattia renale cronica, in cui i reni perdono la loro capacità di filtrare in modo efficace il sangue. Nel corso del tempo, la malattia renale cronica può portare ad insufficienza renale, costringendo i pazienti più gravi a sottoporsi a dialisi regolare e, eventualmente, ad un trapianto di rene.
UNO STUDIO SU QUASI 260MILA PAZIENTI LUNGO 14 ANNI
E’ quanto suggerito dallo studio pubblicato su Jama Internal Medicine con il titolo “Proton Pump Inhibitors Associated with Chronic Kidney Disease” condotto nella statunitense Johns Hopkins University, di Baltimora. “Le persone che fanno uso di inibitori della pompa protonica (PPI) hanno un rischio dal 20 al 50 per cento più alto di malattia renale cronica rispetto ai non utilizzatori” sono le conclusioni del dr Morgan Grams, un assistente professore di epidemiologia presso la Johns Hopkins University di Baltimora. Lo studio non stabilisce un rapporto diretto di causa-effetto tra i farmaci e la malattia renale cronica. Tuttavia, Grams sostiene: “Abbiamo trovato che c’era un aumento del rischio associato ad una dose crescente. Ciò suggerisce che forse questo effetto osservato è reale“.
Negli Usa gli inibitori della pompa protonica sono stati utilizzati da oltre 15 milioni di americani nel 2013. “Ma ben il 70 per cento di tali prescrizioni sono state distribuite in modo inappropriato, e il 25 per cento degli utenti a lungo termine potrebbe interrompere l’assunzione del farmaco senza subire un aumento del bruciore di stomaco o del reflusso acido”, sottolineano gli autori dello studio. In Italia le condizioni non sono dissimili. “L’uso dei farmaci prescritti contro il bruciore di stomaco già in passato è stato collegato a problemi renali a breve termine, come il danno renale acuto e una malattia renale infiammatoria chiamato nefrite interstiziale acuta” evidenzia Grams.
Lo studio della Johns Hopkins University ha seguito per 14 anni un gruppo di 10.482 partecipanti ad un monitoraggio sull’aterosclerosi e un altro gruppo di 248.751 pazienti ambulatoriali. Secondo i ricercatori, fin dall’inizio, gli utenti che assumevano PPI di entrambi i gruppi hanno dimostrato una maggior probabilità di avere problemi di salute, come obesità, alta pressione sanguigna e insufficienza cardiaca. In entrambi i gruppi, i ricercatori hanno associato l’uso dei farmaci ad un aumentato rischio di malattia renale cronica in 10 anni. Gli studiosi hanno anche confrontato le persone che utilizzano i farmaci una volta al giorno con le persone che li hanno utilizzati due volte al giorno. Hanno trovato che l’uso di due volte al giorno era associato con un 46 per cento di aumento del rischio di malattia renale cronica, a fronte di un aumento del rischio del 15 per cento in quelli trattati con una dose giornaliera.
LA CAUSA NELLA SOTTRAZIONE DI MAGNESIO?
“Nessuno è sicuro di come i farmaci potrebbero danneggiare i reni, ma sono state elaborate un paio di teorie” segnala Grams. I farmaci possono causare un abbassamento dei livelli di magnesio nel corpo, e la mancanza di questo importante minerale può danneggiare i reni. I reni potrebbero anche essere danneggiati nel corso del tempo se i pazienti soffrono di ripetuti attacchi di infiammazione renale acuta a causa degli inibitori della pompa protonica.
A chi osserva che si tratta di uno studio statistico e non clinico, Grams replica che gli autori della ricerca hanno cercato di affrontare questa preoccupazione confrontando i pazienti trattati con PPI con persone che utilizzano un altro farmaco per il bruciore di stomaco chiamato H2 (ranitidina). “Entrambi i gruppi di pazienti tendevano ad essere altrettanto malsani, ma gli utenti che assumevano PPI avevano un rischio 39 per cento più elevato di malattia renale cronica” osservano i ricercatori.
QUESTO E’ L’ESTRATTO dello studio in lingua inglese.
ECCO LA LISTA DEI FARMACI SOTTO ACCUSA
Questa classe di farmaci, che trattano il bruciore di stomaco ed il reflusso gastro-esofageo abbassandone la quantità di acido prodotta dallo stomaco, è molto usata ed ha diverse denominazioni. Eccole: Axagon, Esopral, Lucen, Nexium (principio attivo esomeprazolo); Lansoprazolo EG, Lansoprazolo MG, Lansoprazolo Hexal, Lansoprazolo Ratiopharm,Lansoprazolo Sandoz, Lansoprazolo Teva, Lansox, Limpidex, Zoton (principio attivo lansoprazolo); Antra, Losec, Mepral, Omeprazen (principio attivo omeprazolo); Pantecta, Pantopan, Pantorc, Peptazol (principio attivo pantoprazolo); Pariet (principio attivo rabeprazolo).
IL RISCHIO DI FRATTURE OSSEE
In un’altra indagine meno recente è emerso che i farmaci PPI anti-acido possono costituire una minaccia per le ossa. Lo studio “Use of proton pump inhibitors and risk of osteoporosis-related fractures“ pubblicato nel 2008 sul Canadian Medical Association Journal, è stato rilanciato nei giorni scorsi. Suggerisce che gli anziani che assumono inibitori della pompa protonica per combattere il reflusso acido possono incorrere in un maggior rischio di fratture ossee. La valutazione scientifica arriva dall’analisi delle fratture vertebrali registrate tra aprile 1996 e marzo 2004 su 15.792 casi. Emerge che mentre non vi era alcun rischio rilevabile per chi ha usato il farmaco per sei anni di terapia, i pazienti che li hanno utilizzati oltre sette anni avevano il 93 per cento in più di probabilità di soffrire di una frattura dovuta all’osteoporosi. Una percentuale di rischio quasi doppia, insomma.
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