Influenza, siamo entrati nella fase epidemiologica discendente. Il picco raggiunto con la seconda e terza settimana del 2018 è passato e nella quarta settimana diminuisce il numero di casi anche se per i tecnici il livello di incidenza si mantiene “Alto” con una media nazionale di 12,4 casi per mille assistiti. La diminuzione del numero di casi è più evidente nei giovani adulti (incidenza 10,1) e negli anziani (4,9 casi per mille assistiti). Le fasce di età maggiormente colpite (livello d’incidenza pari a circa 41,5 casi per mille assistiti) sono nei bambini al di sotto dei cinque anni e di età tra 5 e 14 anni con 22,3 casi.
Dal 22 al 28 gennaio circa 750.000 italiani sono stati messi a letto dall’influenza: dall’inizio della stagione siamo arrivati a circa 5.529.000 persone colpite. In tutte le Regioni italiane il livello di incidenza è pari o superiore a dieci casi per mille assistiti tranne nella P.A. di Bolzano, nella Val d’Aosta, in Liguria e in Puglia.
Scuote la denuncia che arriva dagli specialisti della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali SIMIT: “Nelle ultime settimane si è notato un incremento della mortalità dovuta a un incremento dei decessi negli ultra 65enni, soprattutto in Italia e una delle cause principali, anche, quest’anno, sono stati gli effetti dell’influenza”. Da settembre sono stati segnalati 140 casi gravi di influenza confermata (età media 61 anni) e 30 decessi. Dei 140 casi gravi, tutti ricoverati in terapia intensiva, l’81% presentava almeno una condizione predisponente a sviluppare complicazioni in caso di infezione influenzale.
“Molto di tutto questo – commenta il Prof. Massimo Galli, presidente della SIMIT – si sarebbe potuto evitare con una migliore copertura vaccinale, che resta molto lontana da quel 75% che rappresenta l’obiettivo minimo fissato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità OMS negli ultra sessantacinquenni. In 68 (48,6%) di questi casi gravi il virus implicato era un A/H1N1pdm09, in 3 (2,1%) un A/H3N2, in 13 (9,3%) un virus A/non sottotipizzato e in 56 (40,0%) un virus B“.
La diffusione di virus del ceppo B, rivelatisi molto meno innocui di quanto previsto e la loro assenza nel vaccinoantinfluenzale somministrato in Italia quest’anno, hanno reso l’influenza molto più pericolosa dell’immaginabile. “ I dati europei ci dicono che il 96% dei virus influenzali B isolati appartiene al ceppo B/Yamagata, solo il 4% invece al B/Victori – conclude il prof Galli – Nel vaccino trivalente, ampliamente utilizzato quest’anno in Italia e formulato secondo le prime indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il ceppo B/Yamagata non è contemplato e questo, come è stato suggerito da Giovanni Rezza, dell’Istituto Superiore di Sanità, spiega probabilmente molto di quanto è accaduto”.
QUESTO è l’ultimo bollettino Influnet con i dati epidemiologici descritti nell’articolo.