Prevenire il morbo di Parkinson attraverso il tango argentino e altre attività motorie che impongono il pieno controllo della postura, come ad esempio il tai chi chuan. E’ questa la nuova frontiera della lotta ad una patologia che in Italia colpisce circa il 2% della popolazione sopra i 65 anni, per un totale di 220mila persone, con un’incidenza lievemente maggiore negli uomini. Tra i disturbi, insieme con difficoltà di ordine motorio e dell’equilibrio, anche problemi di diversa altra natura neurologica, come depressione, insonnia e malfunzionamento dell’olfatto. Le cure oggi permettono di controllare i sintomi ma non di arrestare lo sviluppo della malattia.
IL TANGO MIGLIORA LE DISFUNZIONI MOTORIE
L’intervento nella lotta al Parkinson da parte del ballo tipico argentino diffuso in tutto il mondo è di tale efficacia che si parla addirittura di tangoterapia. A promuoverlo è la ricerca “Tango for treatment of motor and non-motor manifestations in Parkinson’s disease: A randomized control study” condotta dalla McGill University di Montreal. Gli studiosi canadesi hanno sottoposto una quarantina di uomini e donne malate di Parkinson (24 pazienti più 15 sani come gruppo di controllo) a un corso di tre mesi del ballo argentino col sostegno di due insegnanti di danza. Alla fine, attraverso esame oggettivo e prove strumentali condotte anche all’inizio della sperimentazione, hanno analizzato lo stato delle disfunzioni motorie (tremore, rigidità, andatura anomala) e gli altri sintomi quali depressione, stanchezza, degenerazione cognitiva trovando che il tango, esercitato regolarmente, può rallentare la progressione della malattia. In particolare, col suo ritmo, i passi obbligati, il costringere il corpo a cambiare continuamente baricentro, si possono produrre benefici all’equilibrio, al senso di stabilità, “ammorbidire” la camminata. Oltre che stimolare la memoria. Con il tango migliora anche il sintomo definito freezing ovvero dei piedi gelati, quasi incollati al pavimento, e l’umore grazie allo stare in compagnia ed al divertimento che se ne ricava.
MINORI CADUTE CON IL TAI CHI CHUAN
Analogo meccanismo d’azione si realizza sui pazienti affetti da Parkinson attraverso la pratica del Tai Chi Chuan come documentato dallo studio “Tai Chi and Postural Stability in Patients with Parkinson’s Disease” condotto da un’equipe statunitense (con l’italiano Gianni Maddalozzo a farne parte). I ricercatori hanno sottoposto due gruppi di 195 pazienti rispettivamente ad esercizi di Tai Chi, di resistenza muscolare e stretching. I pazienti hanno partecipato a sessioni di 60 minuti di allenamento due volte alla settimana per 24 settimane. I risultati migliori in termini di maggiore controllo del movimento, più flessibilità articolare e minor numero di cadute, è stato riscontrato nel gruppo che praticava Tai Chi, che anche a tre mesi di distanza dalla conclusione dell’esperimento manteneva buoni risultati.