Tassare le carne rossa: può portare al cancro e ne va ridotto il consumo

Secondo una ricerca dell’Università di Oxford tassare la carne rossa e gli insaccati eviterebbe 220mila decessi l’anno nel mondo

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Tassare la carne rossa e gli insaccati come forma di contenimento del consumo e, al tempo stesso, come opportunità di risarcimento economico dei danni alla salute che questo genere di alimento determina.

La proposta parte da una ricerca condotta dall’università inglese di Oxford e pubblicata sulla rivista Plos One sotto il titolo “Health-motivated taxes on red and processed meat: A modelling study on optimal tax levels and associated health impacts”. Il team capeggiato dal professor Marco Springmann dell’ Oxford Martin Programme on the Future of Food parte da un presupposto: “Il consumo di carne rossa e lavorata è stato associato ad un aumento della mortalità per malattie croniche e, di conseguenza, è stato classificato dall’Organizzazione mondiale della sanità come cancerogeno (carne trasformata) e probabilmente cancerogeno (carne rossa) per l’uomo”. In poche parole il consumo eccessivo di carne rossa può portare a cancro, malattie cardiache e diabete e la cura di queste malattie rappresenta un costo per la società.

Secondo questa ricerca, ad essere in particolar modo cancerogeno è uno zucchero contenuto nelle carni rosse che aumentano le probabilità di infiammazioni intestinali come colite e diverticolite e possono indurre condizioni patologiche come invecchiamento precoce e depressione.

Dunque sarebbe bene tassare la carne rossa come succede già per l’alcool: la tassa andrebbe non solo a sollevare la società dall’esborso economico ma farebbe anche calare il consumo. La ricerca sostiene che le malattie legate alle carni rosse costano 285 miliardi di dollari all’anno nel mondo. Viene quindi proposta una imposta del 20% sulla carne non lavorata (come le bistecche) e del 110% su quella lavorata (come gli insaccati, le salsicce e la pancetta). La misura raccoglierebbe 170 miliardi di dollari all’anno nel mondo e farebbe risparmiare 41 miliardi di dollari in cure mediche: in pratica, si eliminerebbe o compenserebbe il 70% dei costi sanitari dovuti alle carni rosse, e si eviterebbero 220.000 decessi all’anno. Inoltre il consumo medio di carne tassata sarebbe inoltre ridotto di due porzioni alla settimana, traguardo molto distante dalla media europea di oggi che è di una porzione al giorno, mentre quello di carni rosse lavorate calerebbe del 16%.

«Il pronunciamento dell’Università di Oxford – commenta in una dichiarazione rilasciata a “Il Messaggero” da Marcello Ticca, vice-presidente della Società Italiana di Scienza dell’Alimentazione – parte dal presupposto che un eccessivo consumo può portare a malattie. La domanda che dobbiamo farci è ‘tutto questo giustifica l’applicazione di una tassa?’. Perché bisogna ben valutare le ricadute sul quadro economico complessivo di tutta la filiera».

Intanto, come spiega Ticca nel suo libro “Miraggi alimentari – 99 idee sbagliate su cosa e come mangiamo” la classica e distinzione fra carni bianche (pollo, vitello e coniglio, tacchino, agnello) e rosse (bovino adulto, cavallo e maiale) veniva fatta principalmente in relazione al minore o maggiore contenuto in ferro ed alla quantità e qualità dei grassi, ma oggi ha perso gran parte del suo significato ed è discussa anche in quanto non corrisponde alla definizione fisiologica di fibre bianche o rosse. Infatti nell’ambito dello stesso animale esistono sia carni bianche che rosse: petto e coscia del pollo ne sono un esempio illuminante. Inoltre fra i due tipi di carne non esistono sostanziali differenze per quanto riguarda l’apporto nutritivo, il quale dipende dalla quantità e dal tipo di proteine, dalla presenza di vitamine (in particolare del gruppo B) e dal contenuto in ferro e zinco. Per esempio, entrambe le categorie di carni contengono più o meno le stesse quantità di proteine (mediamente circa il 20% in peso) di identico e molto elevato valore biologico. Il ferro è l’unica sostanza nutritiva importante di cui le carni rosse sono effettivamente un poco più ricche.

«Per non cadere nel solito equivoco – continua Ticca – in cui si è caduti alla pubblicazione della ricerca Onu che analizza il rapporto fra consumo di carni lavorate e carni rosse e rischio di tumori, va detto che le carni ‘rosse’ (tutti i tipi di muscolo di mammifero) sono state inserite in un gruppo che comporta un livello di rischio minore (gruppo 2 A, sostanze probabilmente cancerogene per l’uomo) mentre le carni rosse lavorate sono nel gruppo 1 delle sostanze sicuramente cancerogene per l’uomo». Quello che allora andrebbe rivisto è il consumo.

Il World Cancer Research Fund ha indicato le dosi consentite e, per la carne rossa, si parla di meno di 400 grammi a settimana. La media italiana è di 420 grammi quindi in linea. Per chi avesse ancora dubbi basta seguire i dettami della Dieta Mediterranea (che il 16 di novembre del 2010 è stata inserita nella lista dei beni immateriali dell’umanità di Unesco) che non bandisce la carne rossa ma la consiglia abbinata a verdure e carboidrati perché come dice Ticca «non esistono cibi buoni o cattivi, ma combinazioni giuste o sbagliate».

Questo è il link presso il quale consultare la ricerca prodotta in lingua inglese dall’Università di Oxford.

LA SALUTE COMINCIA A TAVOLA

Com’è ormai assodato, tra le cause che originano il cancro c’è lo stile di vita, intendendo con questo anche ciò che si mangia. A tavola la salute è garantita da una qualità del mangiare per tipologia e provenienza degli alimenti. Molti volumi riassumono i segreti da conoscere per ridurre al minimo i rischi di provenienza alimentare. Consigli utili che si ritrovano ben riassunti in Medicina da mangiare, volume scritto dal famoso epidemiologo prof. Franco Berrino: si tratta della quintessenza della pratica in cucina abbinata alla salute. Dello stesso autore è Alimentare il benessere: il testo suggerisce come si possa passare dal malessere ad un benessere psicofisico tramite l’alimentazione naturale. La dieta della longevità è invece la proposta di Valter Longo ovvero lo scienziato che ha rivoluzionato la ricerca su staminali e invecchiamento, la dieta mima-digiuno per vivere sani fino a 110 anni.

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