Viene dagli USA un nuovo test per valutare il rischio di nascite pretermine in donne già dall’inizio della gravidanza. Si chiama DNApretermTest e abbisogna di un semplice prelievo di sangue della donna per stabilire se il bambino rischia di nascere prima delle 40 settimane. La precisione del test è di poco superiore all’80%.
La prematurità rappresenta oggi la causa principale di mortalità e morbilità neonatale. In Italia coinvolge circa l’8% delle gravidanze e si calcola che nel mondo ogni anno nascono 15 milioni di bambini prematuri: un milione è destinato a morire prima dei 5 anni di età. Ma adesso un nuovo test, DNApretermTest, riesce a individuare, già dall’inizio della gravidanza, le donne a rischio e porle sotto attenta sorveglianza e opportuno trattamento. Il nuovo strumento predittivo ed altri argomenti collegati al parto pre-termine saranno tratti nel corso del convegno Spontaneous Pre-Term Birth, organizzato dalla Sidip (Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno-fetale), il 29 settembre all’Hilton Garden Inn Rome Claridge A a Roma.
“Le cause del parto pretermine sono molteplici – spiega Claudio Giorlandino, direttore generale dell’Italian College of Fetal Maternal Medicine – In circa la metà dei casi esistono condizioni predisponenti come la gemellarità, le gravidanze ottenute con tecnica di procreazione medicalmente assistita, malformazioni uterine, età materna, infezioni. Nell’altra metà il parto prematuro è un fenomeno del tutto inaspettato e, senza segni premonitori, si partorisce prima della 37sima settimana di gestazione. Il parto precoce espone il bambino a complicanze molto severe sul lato fisico e neurologico che aumentano con il grado di prematurità. Dalla 22 alla 28sima settimana si possono determinare conseguenze estreme fino alla morte”. Un altro importante filone collegato alle nascite pretermine è collegato a forme autoimmuni silenti nell’organismo della gestante che si scatenano in occasione proprio della gravidanza.
Numerosi studi hanno ormai concentrato l’attenzione sulle caratteristiche genetiche all’origine del parto prematuro. “Il DNApretermTest si avvia a divenire uno strumento essenziale di prevenzione e controllo per individuare i soggetti a rischio e attuare così i presidi a salvaguardia della gravidanza – afferma l’esperto – Si preleva un piccolo campione di sangue alla gestante o alla donna che vuole accingersi a diventare madre. Su tale campione si procederà allo studio dei polimorfismi genetici oggi ritenuti, dai maggiori studi internazionali, indicativi di una suscettibilità al parto pretermine e alla disposizione costituzionale alla durata della gravidanza”.
La metodologia è stata lanciata a livello mondiale con due diversi studi effettuati in USA e resi noti tra maggio e giugno 2018. La ricerca più importante, pubblicata con il titolo Prediction of preterm birth with and without preeclampsia using mid-pregnancy immune and growth-related molecular factors and maternal characteristics, ha seguito 400 donne durante il loro secondo trimestre, esaminando 25 biomarcatori o sostanze nel sangue che erano segni di infiammazione e attivazione del sistema immunitario, oltre a determinati livelli proteici, indicativi di un possibile rischio di nascita pretermine. Quei 25 biomarcatori sono stati selezionati da un panel di 63 che si è dimostrato correlato al parto pretermine o alla preeclampsia. “Il nostro test è stato in grado di prevedere l’80,3% delle donne che hanno avuto un parto prematuro, a 15-20 settimane di gestazione“, ha sintetizzato Laura Jelliffe-Pawlowski, professore associato e direttore di Precision Health and Discovery presso l’Università della California, Preterm Birth Initiative di San Francisco, che è stato il primo autore dello studio. Ha aggiunto che “poiché il test ha identificato le donne ad alto rischio di parto pretermine con preeclampsia – che identifica circa il 95% delle donne che hanno avuto un parto pretermine con preeclampsia prima di 32 settimane – offre un’opportunità di intervento, ad esempio per somministrare alle future mamme aspirina a basso dosaggio per ridurre il rischio di preeclampsia”. Sul sito della CNN si indica il costo del test tra i 50 ed i 100 dollari.
Un secondo test, anch’esso non invasivo, è quello derivato dallo studio Noninvasive blood tests for fetal development predict gestational age and preterm delivery condotto dalle università statunitensi di Standford e della Pennsylvania e dall’università di Copenaghen. I ricercatori in questo caso hanno valutato l’RNA nel sangue delle donne incinte per determinare la salute e lo stato delle loro gravidanze. L’RNA, o acido ribonucleico, è una molecola a filamento singolo simile al DNA. Lo studio ha seguito 38 donne a rischio: si sono registrati 13 parti pretermine e di questi sono stati 7 quelli diagnosticati fino a due mesi prima del travaglio. Questo test secondo la CNN ha un costo che si aggira sui 100 dollari.
In caso di esito positivo del test sono molti gli strumenti a disposizione. “Noi ostetrici, al fine di ridurre le gravi conseguenze del parto pretermine, abbiamo un vasto armamentario terapeutico che va dal semplice riposo, alle terapie mediche tocolitiche, utili cioè a rallentare le contrazioni, fino a quelle chirurgiche nelle quali si ritiene necessario cerchiare il collo uterino – conclude Giorlandino – In questo senso il test è un formidabile strumento di prevenzione e controllo della gravidanza, in grado di prevedere oltre la metà dei parti pretermine e quasi tutti i casi ove non esistono condizioni cliniche di rischio. Poi ovviamente, più precoce è il trattamento meglio il soggetto potrà rispondere alle misure messe in atto per scongiurare, o ritardare, il parto prematuro”.