Per lungo tempo la minaccia di avvelenamento da mercurio conseguente al consumo di pesce si è diffusa più o meno in modo inquietante nella sensibilità del pubblico. Le preoccupazioni circa la sovraesposizione al mercurio riguardano generalmente le donne in gravidanza che mangiano grandi quantità di pesce, ma un nuovo studio dice che non c’è bisogno di preoccuparsi.
La ricerca, dal titolo “Fatty Acids in Fish May Shield Brain from Mercury Damage”, pubblicata sull’ American Journal of Clinical Nutrition, condotta dalla University of Rochester, analizza la popolazione delle isole Seychelles, nell’Oceano Indiano. Circa i risultati, Edwin Van Wijngaarden, uno dei ricercatori, riassume: “qui si mangia pesce in abbondanza, storicamente circa 12 piatti di pesce alla settimana, e la loro esposizione al possibile accumulo di mercurio è di circa 10 volte superiore a quella degli americani medi. Non abbiamo trovato alcuna associazione tra queste esposizioni al mercurio e esiti negativi”.
“Questi risultati dimostrano che non c’è alcuna associazione globale tra l’esposizione prenatale al mercurio attraverso il consumo di pesce e esiti dallo sviluppo neurologico“, spiega Van Wijngaarden, professore associato dell’Università di Rochester, Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica. “E’ anche sempre più evidente che i benefici del consumo di pesce possono superare, o addirittura mascherare, eventuali effetti negativi indotti dal mercurio”. Gli acidi grassi Omega-3 si trovano nel pesce e in nessuna altra fonte di alimenti d’origine animale, e sono noti per aiutare a proteggere il cervello dagli effetti potenzialmente tossici del mercurio. Gli acidi grassi Omega-3 migliorano complessivamente anche i tessuti molli, che comprendono i nervi, i vasi sanguigni e la cartilagine. Lo studio dimostra che i problemi di sviluppo legati al mercurio erano per lo più presenti nei bambini le cui madri avevano bassi livelli di omega 3 ma elevati di Omega-6. I grassi Omega-6 grassi sono associati a vari oli da cucina (in particolare oli per frittura).
Phillip Davidson , del Seychelles Child Development, capo-team della ricerca, commenta: “Sembra che il rapporto tra i nutrienti di pesce e il mercurio possa essere molto più complesso di quanto precedentemente apprezzato. Questi risultati indicano che potrebbe esserci un equilibrio ottimale tra le diverse proprietà infiammatorie degli acidi grassi che promuovono lo sviluppo fetale e che questi meccanismi meritano ulteriori studi”. Questa ricerca offre alla US Food and Drug Administration FDA e alle agenzie internazionali lo strumento per riflettere meglio sul consumo di pesce e sui benefici per la salute derivante dai suoi nutrienti. Le attuali linee guida della FDA – che raccomanda alle donne in gravidanza di limitare il consumo di alcuni pesci a due volte a settimana – sono state istituite a causa del noto rischio di esposizione al mercurio ad alto livello nei confronti dello sviluppo fetale.