Il tumore può essere sconfitto da una risposta immunitaria, così come accade quotidianamente senza che noi ce ne accorgiamo. Ma se un “interruttore” cellulare elaborato dalle cellule malate “spenge” i killer anti-tumorali, la massa può crescere indisturbata.
Da oggi bloccare quel meccanismo e restituire la loro potenzialità alle cellule killer è possibile. Lo rivela uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù insieme al dipartimento di Medicina sperimentale dell’Università degli studi di Genova e pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Allergy and Clinical Immunology con il titolo “Identification of a subset of human natural killer cells expressing high levels of programmed death 1: A phenotypic and functional characterization”.
IL RUOLO DEL RECETTORE INIBITORIO PD-1
Si tratta di un meccanismo che permette alle cellule tumorali di “ingannare” il sistema immunitario impedendogli di attaccare e quindi distruggere le cellule anomale. e’ una reazione che si scatena quando le cellule natural killer NK entrano in contatto con quelle tumorali provocando la disattivazione di questo importante meccanismo di difesa. Le natural killer sono cellule del sistema immunitario che svolgono un ruolo importante nel riconoscimento e nella distruzione di cellule tumorali o infette da virus. Lo studio ha dimostrato che in pazienti con tumore queste cellule esprimono sulla loro superficie un recettore inibitorio (un vero e proprio interruttore cellullare) chiamato PD-1. Quando le cellule NK attaccano quelle tumorali per ucciderle, vengono frenate perché il recettore PD-1 interagisce con molecole presenti sulla superficie esterna delle cellule tumorali (PDL-1) “spegnendo” le cellule NK. Come conseguenza, un importante meccanismo di difesa viene disattivato e il tumore può crescere liberamente.
Il recettore PD-1 era stato scoperto in precedenza sui linfociti T, altri “soldati” molto importanti delle difese immunitarie, in grado anch’essi di uccidere le cellule tumorali. Tuttavia, in molti casi, i tumori, soprattutto quelli più aggressivi, riescono a eludere l’attacco da parte dei linfociti T, ma sono ancora aggredibili dalle cellule NK. Se anche le cellule NK sono bloccate per effetto del PD-1, le difese anti-tumorali vengono praticamente annullate e il tumore può crescere liberamente. È però possibile prevenire l’azione bloccante del PDL-1. «Questo è stato dimostrato non solo in laboratorio ma anche in pazienti affetti da alcuni tumori molto frequenti, quali il melanoma e i tumori polmonari, grazie all’uso di un anticorpo monoclonale specifico per il recettore PD-1 – dice la dottoressa Emanuela Marcenaro dell’Università degli studi di Genova – L’anticorpo, legandosi al PD-1, lo “maschera”, impedendogli di interagire con il PDL-1 e di generare segnali che inattivano le cellule killer. La novità del nostro studio sta nell’aver dimostrato che l’interruttore PD-1 è presente anche sulle cellule NK di pazienti con tumore. E va sottolineato che le cellule NK svolgono un ruolo molto importante nelle difese contro i tumori». «Lo studio – possibile grazie al continuo supporto dell’AIRC – è stato compiuto in pazienti con carcinoma dell’ovaio, tumore frequente e molto aggressivo, ma ha una valenza più generale perché rivela cometumori controllabili prevalentemente dalle cellule NK siano possibili candidati per la terapia con anticorpi anti-PD1» aggiunge il professor Alessandro Moretta, direttore dei laboratori di istologia dell’Università di Genova. «Il trattamento è potenzialmente valido anche per i tumori pediatrici – spiega il professor Lorenzo Moretta, direttore del dipartimento dei laboratori e immunologica e responsabile dell’area di ricerca di immunologia del Bambino Gesù – Tuttavia sono necessari ulteriori studi in laboratorio per chiarire quali tumori possano trarre beneficio da questa terapia. Ad ogni modo, posso affermare che i risultati ottenuti con anticorpi anti-PD-1 sono straordinari e hanno rivoluzionato la prognosi di tumori particolarmente aggressivi. Pertanto, la comprensione del meccanismo d’azione del PD-1 e l’identificazione delle cellule delle nostre difese immunitarie coinvolte in questo meccanismo (ad es. le cellule NK del nostro studio) permetteranno progressi decisivi nella lotta contro alcuni tumori».
QUESTO E’ L’ESTRATTO dello studio in lingua inglese