Attaccare in servizio o iniziare le lezioni più tardi al mattino garantisce al corpo un sonno più ristoratore e salutare. L’assunto potrebbe risultare scontato se non fosse che è stato scientificamente provato da una ricerca condotta presso la University of Pennsylvania’s Perelman School of Medicine pubblicata nel numero di dicembre della rivista Sleep. Lo studio individua caratteristiche e comportamenti associati al sonno breve che potrebbero consentire di ridurre le conseguenze negative per la salute. Il team di Medicina della Pennsylvania ha analizzato i dati di un campione rappresentativo di 124.517 americani over 15 dal 2003 al 2011.
Un numero crescente di studi dimostra che il sonno cronicamente limitato a meno di sette ore al giorno compromette le prestazioni, aumenta il rischio di errori e incidenti, ed è associato con conseguenze negative per la salute come l’obesità, il diabete e le malattie cardiovascolari. Eppure quasi il 40 per cento degli adulti negli Stati Uniti dorme meno di sette ore a notte nei feriali, e il 15 per cento addirittura meno di sei ore. “I programmi di intervento e le campagne educative possono avere successo solo se si rivolgono ali comportamenti giusti, al momento giusto della giornata, e nella popolazione giusta. Le indagini sull’uso del proprio tempo forniscono queste intuizioni fondamentali che non possono derivare da studi sperimentali o epidemiologici “sostiene l’autore Mathias Basner, assistente professore di Sonno e cronobiologia in Psichiatria. “Provare che il principale ladro di tempo del sonno è il lavoro, è stata travolgente – dice Basner – Ed è un’evidenza che appartiene a tutti gli strati socio-demografici”.
L’INSONNIA ALIMENTATA DALLO STRESS DEL LAVORO
Dai dati analizzati è emersa un’associazione chiara fra l’inizio dell’orario di lavoro di mattina presto e un minor numero di ore dormite la notte. Chi comincia il proprio turno di lavoro alle 6 o anche prima, dorme circa 6 ore, mentre chi comincia fra le 9 e le 10 dorme circa 7 ore e mezza. È quest’ultima fascia oraria, quindi, a garantire il rientro nella categoria del “sonno ideale” in base ai canoni dell’American Academy of Sleep Medicine. Secondo gli esperti americani, infatti, un adulto dovrebbe un adulto dovrebbe dormire fra le 7 e le 9 ore a notte. Per ogni ora di ritardo d’inizio delle attività lavorative o educative, si guadagna una capacità di dormire circa 20 minuti. I soggetti sottoposti a turni di lavoro con risvegli ancora più anticipati hanno il 61 per cento in più di probabilità di essere insonni. Inoltre, gli intervistati con lavoro autonomo e quindi orari più flessibili sono risultati con più bassa probabilità di insonnia nei giorni feriali, e il tempo medio di sonno era più alta negli anni della crisi economica, con tassi di occupazione più bassi. Gli intervistati disoccupati, pensionati o assenti dal mercato del lavoro dormono di più e hanno meno probabilità di essere insonni.
Peraltro, i ricercatori della Binghamton University di New York negli Stati Uniti hanno scoperto che le persone che dormono per brevi periodi di tempo e vanno a letto molto tardi la sera, sono spesso sopraffatti da pensieri negativi rispetto a quelli che riescono a dormire più ore di un sonno regolare. Nei giovani, stando ad uno studio della Idaho State University può determinare inclinazioni verso l’abuso di alcol, il ricorso a stupefacenti e comportamenti sessuali a rischio.
E’ chiaro che tutto ruota sull’orario in cui ci si mette a letto durante la notte, ma non solo. I responsabili principali per la ricerca sono stati il guardare la TV fino a tarda notte ma anche trascorrere lunghi periodi di tempo in bagno per prepararsi al mattino, circostanza che costringe ad alzarsi prima per non fare tardi. La ricerca offre potenziali vie ai responsabili politici per contribuire ad aumentare il tempo di sonno e migliorare la salute pubblica, come ad esempio il rinvio dei tempi di lavoro e di inizio delle lezioni, o incentivando la flessibilità dei turni. I risultati suggeriscono anche comportamenti estranei al lavoro che sono associati con il sonno breve e che potrebbero essere affrontati dai singoli individui per aumentare il tempo di sonno. Gli altri autori coinvolti nella ricerca dell’University of Pennsylvania’s Perelman School of Medicine sono Andrea Penn Spaeth, PhD, e David F. Dinges, PhD.