Cos’è la misofonia e quanti ne soffrono (anche senza saperlo)

Uno studio condotto sulla popolazione inglese rivela che quasi una persona su cinque soffre di misofonia

Prima di questo studio pochi sapevano dell’esistenza di una condizione ansiogena e sgradevole che si chiama misofonia e, soprattutto, non se ne conosceva la diffusione nella popolazione. In uno slogan: la misofonia è uno stato di emozioni negative come ansia o rabbia quando si sentono determinati suoni.

A rivelarlo è lo studio dal titolo “Misophonia in the UK: Prevalence and norms from the S-Five in a UK representative sample” pubblicato sulla rivista Plos One e condotto da ricercatori del King’s College, del  South London and Maudsley NHS Foundation Trust di Londra e di Oxford. Per spiegare cos’è la misofonia è bene premettere che non va confusa con l’iperacusia, problema legato a una disfunzione dell’udito che esaspera certi suoni, o con la fonofobia che, come suggerisce il nome, deriva dalla paura di certi rumori forti. La misofonia, condizione che si colloca anche sul terreno psicologico, riguarda soprattutto la sofferenza verso rumori che passano del tutto inosservati alle persone che non ne soffrono.

Uno studio condotto sulla popolazione inglese rivela che quasi una persona su cinque soffre di misofonia

Possono indurre misofonia, dunque, rumori relativamente banali, quali ad esempio i versi che derivano dalla masticazione (magari a bocca aperta), la deglutizione, l’aspirazione di liquido da una cannuccia, lo schiarirsi della gola oppure il ticchettio sulla tastiera del computer o il tictac dell’orologio. Rumori che appartengono alla quotidianità, spesso ripetitivi o insistenti che per chi soffre di misofonia si trasformano in una vera tortura. Questo perché in quei soggetti suscitano “un’immediata reazione avversa con ansia, rabbia e una sensazione di notevole disgusto, accompagnata da un desiderio impulsivo di interrompere immediatamente questo rumore per alleviare i sintomi“.

Fino alla pubblicazione dello studio effettuato in Inghilterra non si aveva cognizione della dimensione del fenomeno patologico. In seguito a questo, invece, si è scoperto che riguarda circa il 18% della popolazione generale. Naturalmente i dati sono tutti inglesi ma, verosimilmente, sono estrapolabili alla popolazione delle società occidentali.

Le conclusioni sono derivate dall’analisi di questionari compilati da 768 persone, di età media di 46 anni e mezzo, che hanno dovuto dettagliare quei “suoni che scatenano” le loro reazioni, ma anche la natura e l’intensità di queste reazioni. Prima dell’inizio, solo il 13,6% conosceva il termine e il 2,3% dichiarava di soffrire di questo disturbo neuropsichico. Su una scala di 10 punti gli intervistati dovevano esprimere quali suoni inducevano la reazione di intolleranza e come questi suoni influenzano la loro vita, la loro percezione di se stessi, le loro relazioni personali e professionali.

I sintomi

Irritazione, sentirsi intrappolati e impotenti in presenza di questi suoni sono tra le reazioni più spesso citate dai partecipanti. Ma anche il fatto di auto-incolparsi per queste reazioni eccessive, e di rinunciare a certe occasioni come ad esempio i pasti in famiglia o con gli amici, perché il rumore della masticazione degli altri ospiti provoca uno stress insopportabile per il misofono, che poi deve alzarsi da tavola.

La causa della misofonia non è chiaramente stabilita, ma potrebbe essere correlata a determinate particolarità cerebrali. Può comunque avere un certo impatto sulla vita sociale, professionale e familiare e necessita di cure quando si rivela troppo invalidante. Le terapie cognitivo-comportamentali (leggi qui) sono le più indicate, con una progressiva esposizione a rumori fastidiosi, per modificare il modo di considerarli e di reagire ad essi.

La misofonia, pertanto, non è un semplice fastidio. Jane Gregory, ricercatrice in psicologia e coautrice dello studio, sottolinea: “Può essere un tale sollievo scoprire che non sei solo, che anche altre persone reagiscono ai suoni in questo modo, scoprire che c’è una parola per quello che stai attraversando”.

Qui puoi leggere lo studio in lingua inglese.

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