Avviso ai pazienti: gravi effetti indesiderati dall’amiodarone

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HARVONICon un ritardo di due settimane, è scattato anche in Italia l’allarme sull’uso combinato di amiodarone con prodotti impiegati per il trattamento dei pazienti affetti da epatite C. L’Aifa il 7 maggio, infatti, ha rilanciato anche tra i medici italiani la nota informativa su “Nuove e importanti informazioni sul rischio di aritmie clinicamente significative“.

Già il 24 aprile l’ EMA, Agenzia europea del farmaco, aveva confermato il rischio di bradicardia grave (battito cardiaco rallentato) o blocco cardiaco (problemi di conduzione dei segnali elettrici nel cuore) quando il farmaco per l’epatite C Harvoni (sofosbuvir con ledipasvir) o una combinazione di Sovaldi (sofosbuvir) e Daklinza (daclatasvir ) sono utilizzati in pazienti che assumono anche il medicinale amiodarone (prescritto sotto i nomi commerciali di Amiodar, Amiodarone, Amiodarone Cloridrato, Amiodarone M.G., Cordarone) che è un antiaritmico (un farmaco usato per il trattamento del battito cardiaco irregolare).

Per gestire questo rischio l’ Agenzia raccomanda che l’amiodarone debba essere utilizzato in pazienti che assumono questi farmaci per l’ epatite C solo se altri agenti antiaritmici non possono essere somministrati. Se l’uso concomitante con amiodarone non può essere evitato, i pazienti devono essere strettamente monitorati. Poiché l’ amiodarone persiste a lungo nel corpo, è necessario anche il monitoraggio  se i pazienti iniziano tali trattamenti per l’epatite C durante i primi mesi successivi al termine della terapia con amiodarone.SOVALDI

La maggior parte di questi casi si sono verificati entro 24 ore dall’inizio dell’assunzione del medicinale per l’epatite C mentre alcuni si sono verificati fino ad un massimo di 12 giorni. Due dei pazienti hanno avuto necessità di un intervento per l’impianto del pacemaker e un paziente è morto. Le informazioni dei prodotti medicinali Harvoni, Sovaldi e Daklinza saranno aggiornate in modo appropriato. Una lettera sarà inviata anche agli operatori sanitari coinvolti nel trattamento dell’epatite C per spiegare questi rischi e le attività per la loro gestione. DAKLINZA

Si stima che circa 130-170 milioni di persone al mondo siano infettate dal virus dell’epatite C. L’Italia é uno dei paesi europei con il maggior numero di malati. Stando all’OMS gli italiani affetti da epatite C sono circa 1,5 milioni. Ogni anno muoiono 17mila persone per cirrosi epatica, ed è stato inoltre calcolato che l’infezione da epatite C (causata dal virus HCV) comporta una spesa annua per il Sistema sanitario nazionale di di 520 milioni di euro. Quello dell’epatite C è uno dei virus più comuni in Italia, ma molti portatori non sanno di averlo. Complessivamente il 50-80% dei pazienti trattati guarisce, mentre coloro che sviluppano cirrosi o cancro possono necessitare di un trapianto di fegato.

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