Alzheimer e demenze: difendersi con la riabilitazione cognitiva

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Vania Salvati*

Purtroppo viviamo in un Paese dove la stimolazione cognitiva non viene presa molto in considerazione, forse perché la persona anziana è costretta inevitabilmente ad invecchiare sia da un punto di vista fisico che cognitivo e quindi non è poi così importante intervenire per tempo attraverso delle terapie riabilitative mirate, che blocchino il decadimento delle funzioni intellettive. Una volta si parlava di “arteriosclerosi” per definire l’incapacità dell’anziano a ragionare nel modo più normale possibile, vi era una sorta di “accettazione passiva” della malattia senile da parte dell’intera Società. alzheimer-salvati, morbo di Alzheimer, Corpi di Lewy, malattia di Pick, demenza, morbo di Parkinson, Corea di Huntington

Oggi la scienza ha fatto passi da gigante e quindi perché non approfittarne? Perché non invecchiare meglio anche da un punto di vista cognitivo-mentale? Perché non dare la possibilità all’anziano di invecchiare in modo più dignitoso?

La riabilitazione cognitiva, e qui ci tengo a precisare, non serve a guarire, ma serve a stimolare quella parte neuronale che non è stata attaccata dalla malattia di demenza, così da potenziare le risorse cognitive residue, limitando nel tempo il progressivo peggioramento, l’obiettivo quindi è: rinforzare le risorse residue.

Le tecniche di riabilitazione cognitiva sono numerosissime e sono utili in tutti i tipi di demenza senile sia in quelle di tipo corticale come il morbo di Alzheimer, la demenza Corpi di Lewy, la malattia di Pick, sia nelle demenze di tipo sottocorticale come la demenza vascolare, il morbo di Parkinson, la Corea di Huntington. Inoltre sono utili in tutte quelle forme di demenza considerata secondaria, ossia che sono la conseguenza di altri processi patologici (malattie infettive, immunologiche, neurologiche, alterazioni metaboliche, ecc.).

La riabilitazione cognitiva è utile nei pazienti che presentano una demenza di grado lieve-medio.

Le sedute di riabilitazione cognitiva, in genere, sono individuali, ma esistono casi in cui si possono effettuare anche in piccoli gruppi. In quest’ultimi, la terapia riabilitativa per eccellenza è l’Our Time, che stimola l’area sensoriale attraverso stimoli visivi, uditivi, olfattivi, tattili e gustativi, l’area mnemonica con reminescenze e ricordi e l’area prassica-costruttiva.

Ogni seduta dura in media 40-45 minuti, e si basa su esercizi specifici che vanno a stimolare le principali funzioni cognitive: percezione, attenzione, memoria, comprensione, linguaggio, nonché abilità logiche prassico-costruttive.

Nei pazienti con demenza di grado moderato-severo, invece, verranno utilizzate tecniche riabilitative come la Validation Therapy una tecnica empatica basata sulla comprensione, l’ascolto e sul contatto corporeo. Il metodo utilizza l’empatia per aiutare il familiare/caregiver a sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda dell’anziano, il quale in questo modo si sentirà preso in considerazione e capito.

Ricordiamoci che il nostro cervello è come un muscolo e come tale va allenato, se questo non avviene, potrebbe perdere nel tempo la capacità di funzionare in modo ottimale e quindi potremmo assistere ad un’atrofizzazione neuronale. Al pari dell’allenamento fisico, che procura benessere all’apparato muscolo-scheletrico ed a quello cardio-circolatorio, è bene allenare le nostre risorse neuronali residue attraverso sedute di stimolazione cognitiva.

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Vania Salvati, psicologa

*Vania Salvati (vaniasalvati@libero.it)

Psicologa Clinica, Esperta in riabilitazione cognitiva nelle demenze, Psicodiagnosi-Psicologia Forense, DSA Disturbi Specifici dell’Apprendimento

studio in Roma Infernetto

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